
"Venere"
Dea dell'amore, della bellezza e della fecondità, venerata in tutto il mondo greco sotto aspetti che riflettevano l'influsso della fenicia Astarte e collegata con il culto di Adone. Secondo una tradizione più antica la sua nascita era collegata con la schiuma del mare, da cui sarebbe emersa; ma dalla poesia epica venne considerata figlia di Zeus e di Dione, moglie di Efesto e amante di Ares.
Le furono attribuiti rapporti anche con altre divinità e con l'eroe Anchise, da cui ebbe Enea.
Nata dal mare, Afrodite veniva venerata dai naviganti, non come Poseidone, ma come colei che rende il mare bello e tranquillo e sicura la navigazione. Le era sacro il delfino, l'allegro accompagnatore dei naviganti.
Ella era la bellezza in persona, la grazia e la leggiadria, e Paride, benché comprato con la promessa della bella Elena, non fu in fondo un giudice ingiusto preferendola a Giunone e Minerva e assegnandole il fatidico pomo con la scritta: "Alla più bella!" gettato dalla Discordia sulla mensa nuziale di Peleo e Teti.
In occidente, il culto di Afrodite ebbe il suo maggiore centro in Sicilia sul monte Erice, dove esisteva un santuario punico dedicato a Tanit. Vi si praticavano riti di fecondità e, pare, anche la prostituzione sacra. Dalla Sicilia il culto della dea si diffuse in Italia fino a Roma, dove fu venerata col nome di Venus Erycina.
| | |
| | | | | | | | |